
Lavorò nell’ufficio della dogana, ma poi iniziò ad occuparsi degli affari di famiglia, intraprendendo numerosi viaggi.
Nel 1846 Al-Naqqash si recò in Egitto e da lì partì per Napoli dove poté assistere a diverse rappresentazioni teatrali che lo colpirono profondamente.
Tornò a Beirut con l’intenzione di trasmettere ai suoi concittadini questa passione per il teatro. Organizzò, cosi, uno spettacolo in casa sua.
Tra il 1847 e il 1848 mise in scena l’opera Al-Bakhil, L’Avaro. Il discorso introduttivo all’opera, in cui l’autore illustrò la sua concezione del teatro, divenne famoso per la frase: “Il teatro è un paradiso in terra e una festa senza fine”.
Al-Bakhil è stata definita una “riwayyah mudhikah kulluha mulahhanah”, cioè “una pièce comica interamente musicata”, in cui ad ogni personaggio corrisponde una precisa melodia.
Alcuni studiosi sostengono, ancora oggi, che l’opera sia un adattamento di L’Avare di Molière; altri sostengono, invece, che le differenze tra Al-Bakhil e L’Avare siano cosi tante e tali da far ritenere che Al Naqqash abbia creato un’opera originale, in cui il capolavoro di Molière ha avuto la funzione di ipotesto.
Gli attori furono membri, rigorosamente uomini, della famiglia di Al-Naqqash. Il pubblico era composto da notabili locali o dignitari stranieri. Al-Naqqash riprese alcune caratteristiche del teatro europeo, come la presenza del suggeritore.
L'autore ottenne grande successo e decise di continuare la sua carriera teatrale. Tra le opere più importanti si può ricordare Abu’l-Hasan Al-Mughaffal aw Harun Al-Rashid (Abu’l-Hasan l’ingenuo o Harun Al-Rashid) datata 1849/1850. Il testo riprende un racconto delle Mille e Una Notte ed è considerato la prima opera originale del teatro arabo. Scritta in prosa alternata a versi, è solo parzialmente musicata.
Al-Naqqash non trascura nulla, riuscendo a rappresentare perfettamente la Baghdad del X secolo.
Una curiosità: con questo autore per la prima volta nei copioni teatrali comparvero i segni di interpunzione.
Marun Al-Naqqash morì a soli trentotto anni a causa di una febbre contratta durante un viaggio a Tarso.
Il teatro che aveva fatto costruire venne trasformato in chiesa dopo la sua morte, rispettando le sue ultime volontà.
Bibliografia:
Monica Ruocco, Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi, ed. Carocci, 2010