Oggi inizia una serie di post dedicati alle Mille e Una Notte: le storie, la genesi, le trasposizioni e le varie riletture di questo capolavoro immortale.
Iniziamo dall’ultima trasposizione per la televisione, andata in onda proprio una settimana fa. “La Mano di Fatima” se ne è occupata ampiamente ma vi ricordo il sito della fiction, per chi l’avesse persa.
Una premessa importante: è inutile tentare di paragonare l’opera in questione alle celebri novelle. Sono due cose molto diverse, benché il legame tra loro sia ovvio. Potremmo dire che la fiction “contiene” le storie de Le Mille e Una Notte e la loro cornice (la vicenda di Shahrazade), ma le reinterpreta dando vita a qualcosa di nuovo, non giudicabile esclusivamente attraverso un confronto con le storie scritte. La trasposizione è semplicemente “diversa”.
Per dare un’ opinione imparziale, dovremmo fare una cosa apparentemente paradossale: avere ben presenti le novelle e, nello stesso momento, distaccarcene. E’ l’unico modo che abbiamo per non cadere in facili pregiudizi.
Detto questo siamo più liberi di “gustare” “Le Mille e Una Notte Aladino e Sherazade” per ciò che è: una bella storia narrata per un pubblico occidentale, ma senza rinunciare ai “profumi d’Oriente”.
Le differenze tra la raccolta e la fiction sono evidenti: il sanguinario sovrano Shariyar delle novelle, che Shahrazade incanta con i suoi racconti, nella fiction diventa il padre della giovane, è assolutamente innocuo e muore a metà della storia.
Non è tutto: Shahrazade si innamora di Aladino (della genesi di racconti come quello di Aladino e della loro “genuinità” parleremo prossimamente) che, a causa di un sortilegio, diventa il perfido sultano a cui dovrà dedicare le sue lunghe storie per rimanere in vita.
A questo punto molti potrebbero gridare allo scandalo, eppure “Le Mille e Una Notte Aladino e Sherazade” segue una perfetta linea logica, pur mescolando elementi di vario genere. E’ un’opera molto “occidentale” nello stile e nei rimandi, ma riesce a mantenere l’eco dell’Oriente attraverso la scenografia, i dialoghi e la buona interpretazione di tutto il cast.
Come non pensare alla Maga Circe ogni volta che la strega Namuna appare sulla scena, classica femme fatale che trasforma gli uomini che la rifiutano in maiali? I suoi servitori, tutti uguali e molto somiglianti a dei fedeli porcellini, non hanno qualcosa di mefistofelico? Il Genio (interpretato dal leggendario Massimo Lopez) non ricorda una sorta di scienziato un po’ goffo ma dal cuore d’oro?
I protagonisti, poi, sono sempre in parte e non cadono mai nella trappola del “fumetto orientaleggiante e surreale”. Ottima la caratterizzazione di Shahrazade (Vanessa Hessler), ragazza dedita agli studi, brillante ed audace (come la protagonista delle novelle) e poco propensa al matrimonio combinato (molto moderna in questo).
Interessante la scena in cui Shahrazade si serve della novella persiana “Turandot” (ripresa da Carlo Gozzi nel 1762 e poi divenuta la celebre opera di Puccini, rappresentata per la prima volta nel 1926), per evitare l’obbligo di scegliere uno sposo.
Aladino, interpretato dall’affascinante Marco Bocci, non è un eroe, ma un ragazzo a tratti ingenuo, che subisce una notevole e coerente evoluzione nel corso della fiction, come Shahrazade, del resto, da giovane sognatore a uomo determinato ma pur sempre altruista e generoso.
La fiction ha optato per effetti speciali non scontati (lo stesso regista ha ammesso che non dovevamo aspettarci tappeti volanti) e ha evitato rimandi troppo approfonditi alla religione o alla cultura persiana, cercando, con successo, di spostarsi su un piano più generale e, quindi, accessibile a tutti.
L’amore, la magia e l’avventura, ma anche sentimenti negativi purtroppo sempre attuali come l’odio, la vendetta, la malvagità, la brama di potere e l’avidità, si alternano in questa fiction, creando una bella storia per tutta la famiglia, dal lieto fine e con una sola morale: il Bene vince sempre ed i sogni possono avverarsi se ci crediamo veramente.
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